venerdì 6 settembre 2013

Gavia domato per la quarta volta


Sono proprio orgoglioso di questa foto e soddisfatto di quanto fatto martedì in sella alla mia Bianchi.
Per la quarta volta in vita mia sono riuscito a salire fino alla quota di 2652 metri del Passo Gavia; l'ascesa di martedì è stata probabilmente la più lenta delle quattro e probabilmente c'entra qualcosa il fatto che siano passati 20 anni dall'ultima volta.

Le prime tre scalate infatti risalgono agli anni delle superiori 1991-92-93, quando passavo tutta l'estate in bicicletta. La salita 2013 invece è un fulmine a ciel sereno del tipo che faccio oggi? Aperitivo all'Asino che vola (localino molto carino di Ponte di Legno) oppure salita in bici al Gavia.


lunedì 2 settembre 2013

Ila ho fatto una K



Comincio a sospettare che qualche giorno fa ho fatto una cazzata (k) che comprenderò solo tra un paio di settimane. Ma andiamo con ordine: mercoledì scorso mi sono iscritto alla Race Adventure Multisport organizzata dal Nirvana Verde. Dopo la positiva esperienza in Svizzera alla R’adys, dividerò la fatica ancora con Ilaria, compagna di sventura tenace e al tempo stesso temeraria quando si tratta di avventurarsi in nuove sfide.
La Race Adventure è una gara in autosufficienza in orientamento che prevede le prove di corsa, mountain-bike, kayak e arrampicata. Per non farci mancare nulla ci siamo iscritti nella categoria PRO, quella lunga riservata solo a 10 squadre per 50 km di salite, sterrati e boschi.

Ecco come penso di prepararmi: corsa, è l’unica specialità che faccio regolarmente, non allenandomi badate bene, ma spesso sono impegnato in prove di orienteering e quindi con un po’ di presunzione ipotizzo che non sarà la disciplina che mi metterà ko, per lo meno non più delle altre. Mountain-bike, tecnicamente sono pessimo, ma come potenza dovrei esserci e su terreni asfaltati da piccolo ho macinato un po’ di chilometri. Kayak ed arrampicata invece sono due attività che ho visto solo in tv.

Il mio programma di allenamenti prevede qualche corsetta dal 3-7 settembre, gare di orienteering l’8 e il 9 (nulla di che, solo i campionati italiani long), ma anche dei giretti in bici con la scalata del Passo del Gavia, salita che ho già domato tre volte, ma l’ultima impresa risale a più di 20 anni fa! Più problematico allenarmi per l’arrampicata e per il kayak. La prima disciplina improvviserò e se possibile lascerò tutto l’onere alla mia socia, mentre per il kayak sono riuscito a trovare un corso base con istruttrice di canoa canadese per sabato 31 agosto, lo so, è un altro sport ma come si dice dovrò fare di necessità virtù.

31 agosto: dopo aver giocato ad un gioco in scatola la sera prima (il famoso ferroviario 1830) che si è protratto più del dovuto (8 ore di sfida con conclusione alle 4 di notte, ma questa è un’altra storia), parto alle 10:30 per un giretto in bici; da Cabiate all’Alpe del Viceré, ovvero falsopiano fino ad Albavilla (circa 18 Km) e salita finale (6 Km con circa 600 di dislivello). Alle 15 appuntamento con la canoa.

La mia sgambata parte con diverse perplessità legate al mezzo (una Bianchi attrezzata per giretti con Pietro, ovvero con seggiolino, borse ecc.), dopo aver spogliato la bici delle cose inutili scopro che il cambio non funziona, non entra la marcia dura davanti. Anche i pantaloncini nuovi non ammortizzano come speravo e comincio ad avere un po’ di dolori al fondo schiena.
Quando giungo in località Cassina Amanta abbandono l’asfalto per provare lo sterrato, tutto bene fino a quando la strada non si trasforma in palude fangosa con enormi pozzanghere. Come errori sottolineati in rosso i miei limiti vengono subito messi in evidenza costringendomi spesso a scendere dalla bici; mi accorgo che è già passata un’ora e, dopo tanta fatica, ritrovo l’asfalto che mi genera la stessa gioia che un'oasi in mezzo al deserto può restituire ad un disidratato. In discesa scopro che i miei freni, soprattutto se infangati, non rispondono ai comandi (non ho i freni a disco) e ho bisogno delle suole delle scarpe per evitare voli fuori strada.

Arrivato ad Albavilla però capisco presto che la bici, malgrado tutto, è molto più pronta di me per il Race Adventure; la salita all’Alpe del Viceré l’avevo già fatta qualche anno fa e non me la ricordavo così dura; pedalo, pedalo ma salgo piano e soprattutto verso metà salita sono costretto a fermarmi perché sono distrutto (vergognandomi come un ladro mi fermo senza farmi vedere da altri ciclisti o macchine di passaggio). Il calvario continua con altre due soste non programmate e la vetta è molto più in alto di dove spesso mi illudo sia. Verso la finale della salita comincia a farmi male il ginocchio destro e non riesco più ad alzarmi sui pedali. Anche le parti intime mi preoccupano, dopo 2 ore di bici provo una sensazione stranissima, l’apparato riproduttivo mi sembra intorpidito, non lo sento più, un po’ come quando si addormenta un piede in posizione innaturale.
Alla fine ce la faccio, sono in cima all’Alpe ma l’orologio segna già l’una! Devo tornare di corsa a casa per poi andare a far canoa. Per non farmi mancare nulla scendo facendo la direttissima, sentiero sterrato che riconferma le mie inesistenti doti tecniche; per evitare voli da paura preferisco spingere la bici a piedi. Passo per Albavilla, Erba, Orsenigo, Alzate B.za, Brenna, Olgelasca, Mariano (sbagliando anche strada) e provo a spingere ma il ginocchio destro è sempre più dolente e convince anche il sinistro a ribellarsi.

Mantenendo una posizione ridicola per evitare dolori al fondo schiena e alle ginocchia alle due e mezza sono a casa, metto in bocca un panino raffermo e ci sbatto sopra due fette di crudo e ancora infangato sono già in auto per andare a provare la canoa.
Durante il viaggio penso ai mille problemi che dovrò raccontare a Ilaria: in ordine di importanza penso al ginocchio che mi faceva proprio male, il culo era già più sopportabile, mentre i problemi meccanici sembrano passare in secondo piano ma non poter frenare ne mettere i rapporti duri non è proprio l’ideale. Il bilancio mi sembra come quella finale di Champions League finita 3-3 tra Liverpool e Milan: un disastro. Inoltre realizzo che non riuscirò mai a scalare il Gavia, forse mi conviene provare con il Passo del Tonale (o forse mi basterebbe il Cavalcavia della Ghisolfa).



Passiamo alla canoa: arrivo al lago di Pusiano, Giusi, l’istruttrice, mi trasmette infiniti consigli che dovrò apprendere ma anche trasmettere a Ilaria. Nella canoa il lavoro di squadra è fondamentale e non aver mai provato insieme non credo semplifichi le cose. Dopo un paio d’ore di pagaiate non credo di potermi definire pronto ma ho un bel blocco di appunti che sembro un avvocato pronto per un’udienza. Ricapitolando in canoa dovrà sedersi davanti il più leggero mentre chi si mette dietro deve fare da timoniere, scopro quindi che gran parte della spinta dovrà arrivare da chi sta a poppa (povera Ila), mentre io dovrò far girare il mezzo e vi giuro che spesso non capisco che movimento devo fare per muovere la canoa a destra o a sinistra. Altra cosa che mi sembra importante è quella di lavorare con alte frequenze piuttosto che con pagaiate ampie ma soprattutto usare la pagaia in verticale. I consigli sono veramente tanti e non riuscirò mai a trasmetterli ad Ilaria. Ne complesso però andare in canoa mi è sembrato molto divertente e mi piacerebbe riprovarla anche con finalità turistiche magari con Pietro e Roberta.
Ultimo appunto per la canoa è quello di procurarsi un paio di guantini; quando dopo pochi minuti dall'inizio delle pagaiate infatti mi è comparsa una vescica sulla mano e anche Giusi non ha nascosto la propria preoccupazione in vista della k che il 15 settembre proverò a portare a termine.

1830: dopo tanto tempo ancora tu


Dopo gli ottimi spiedini alla griglia e in forte ritardo rispetto ad ogni previsione siamo riusciti ad iniziare la tanto attesa partita a 1830 intorno alle 16.

Vi anticipo che, e immagino già i sorrisini dei maligni, come da tradizione in Uesm non siamo riuscita a portarla a termine!
Il gioco termina quando la banca finisce tutti i soldi, circa 17.000 $, mentre le nostre compagnie ferroviarie a mezzanotte ricavavano circa 250 $. Immancabile al termine di ogni turno azionario lo sguardo profetico di Gionata verso il capitale della banca dicendo: "non finirà mai!".

Malgrado ciò siamo andati avanti per circa 8 ore. In questo lasso di tempo, con un gruppo differente di persone, la partita secondo me sarebbe potuta anche finire, ma i sei sventurati che nel pomeriggio di ferragosto si sono ritrovati intorno al tavolo verde erano la compagnia meno probabile per portare a termine questa missione.

Io, che non ero riuscito a leggermi le regole ma avevo alle spalle un anno fa un'altra partita interrotta dove mi guidavano passo passo, ero l'esperto del gruppo. Gli altri pendevano dalla mia pessima spiegazione coadiuvato da interventi di Matteo che però era riuscito a leggere il regolamento solo fino a pagina 13! Fabio con molta buona volontà aveva dato una letta al regolamento che si può scaricare da questo sito, ma era senza immagini e riferito all'edizione degli anni '80. Stephane dal canto suo sapeva che prima di cominciare bisognava eleggere un cassiere (fu così che divento lui il cassiere).

Dopo una prima falsa partenza e la rilettura di qualche capitolo a caso che pareva più interessante degli altri siamo riusciti a far decollare la partita.
Le compagnie private sono state acquistate a prezzi spropositati prosciugando le già misere casse individuali, non contenti abbiamo portato i valori di partenza delle azioni di quasi tutte le compagnie al valore massimo di 100 $, una volta accorti che in questo modo il gioco non poteva iniziare siamo tornati indietro e rifatto tutto.

In pochi minuti (si fa per dire) abbiamo capito a che partita saremmo andati incontro con un Gionata in stato di grazie che, dopo aver ripetuto una dozzina di volte che non aveva ben chiaro il senso del gioco, si accaniva contro delle scelte a suo avviso errate o inutili dell'autore definendo il gioco ingessato per via del limite che ogni giocatore non poteva accumulare più di 11 certificati azionari.



Intanto i primi presidenti cominciavano a lavorare; in ordine partivano la Pennsylvania (PRR) e la New York Central (NYC) quindi la New York, New Haven & Hartford (NYNH) e la Chesapeake & Ohio (C&O). Ogni compagnia cominciava a costruire le proprie tratte ferroviarie per gli Stati Uniti senza sapere che quelle primissime mosse avrebbero condizionato in maniera radicale l'andamento della partita. Complice un paio di movimenti errati (acquisto di troppi treni) o al limite della fraudolenza (ammessa dal gioco) del presidente della PRR Fabio molti azionisti scaricarono il gruppo affossandolo.
Dopo aver giocato i primi turni come azionista di minoranza entrava in gioco anche Matteo attivando e presiedendo la Baltimore & Ohio (B&O) lasciando il solo Gionata non presidente di nessuna compagnia, ruolo che avrebbe portato fino a fine partita.

Il buon Gionata però stringeva un patto di ferro con Stephane, presidente della C&O e presto presidente anche della Canadian Pacific (CPR) attivandola. Il sodalizio continuò fedele e ambiguo fino a fine partita usufruendo anche di inaspettati aiuti della NYC con un presidente, l'unica fanciulla al tavolo, fortemente interessato all'andamento della CPR di cui era un'importante azionista.

Dopo qualche scalata azionaria, per la verità poche, le varie compagnie passarono presto ad acquistare treni sempre più belli arrivando in nemmeno troppo tempo ad avere i Diesel. Per bloccare introiti proibitivi molte compagnie si affrettarono a costruire delle stazioni che formassero dei tappi per questi cavalli d'acciaio che altrimenti avrebbero scorrazzato liberamente per il Nord America. Esempio più eclatante fu la neonata Erie che si piazzo tra Toronto e Buffalo bloccando il passaggio tra i laghi Erie e Ontario.